STELE DI GLADIATORE DA AQUILEIA

Stele romana funeraria in marmo del gladiatore Quintus Sossius Albus, dedicatagli da una sua liberta, ritrovata nel suburbio di Aquileia, importante colonia romana, fondata nel 181 a.C., in Friuli-Venezia Giulia, datata alla prima metà del II secolo d.C., ora parte della collezione del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia.
Sulla stele in altorilievo si vede un gladiatore della tipologia mirmillone, non si tratta di un ritratto in senso stretto: il volto, infatti, è completamente coperto dalla visiera dell’elmo; è raffigurata piuttosto la funzione del defunto come gladiatore.
L'iscrizione latina: "D (is) M (anibus) // Q (uinti) Sossi / Albi / myrmillonis / Sossia Iusta / lib (erta) patron (o) / bene merenti", riporta che la stele fu dedicata da Sossia Iusta, schiava liberta al suo padrone, Quintus Sossius Albus, gladiatore murmillo, un auctoratus cioè un individuo libero, di un discreto livello socioeconomico, che si offriva volontario per combattere nell'arena, forse per ottenere fama e fortuna; la sua condizione sociale è attestata dalla sua identificazione "tria nomina", dei tre nomi.

Sulla parte superiore della stele vi sono le lettere D e M che stanno per "Dis Manibus", che in latino significa "agli Dei Mani". Nella religione romana i Mani, in latino Dii Manes, lett. "dei benevolenti", erano le anime deificate dei defunti, considerate spiriti benevoli o antenati..
I gladiatori schiavi sono identificati da iscrizioni che riportano solo i loro soprannomi, solo gli uomini liberi con cittadinanza romana, potevano esibirsi nei giochi gladiatori per loro libera scelta presentandosi con i loro nomi.
Il gladiatore di tipologia murmillo appartiene alla categoria degli scutarii difesi da un grande scudo rettangolare. I murmillones traggono il loro nome dall’immagine del pesce, una mormora, che avevano sull’elmo. Il murmillo aveva un equipaggiamento pesante e faceva affidamento sulla sua forza e resistenza per sopravvivere agli attacchi dei suoi avversari. Questi gladiatori indossavano un armamento difensivo caratterizzato dall’elmo con tesa ripiegata sui lati e protezione per gli occhi, il cassis crista con cimiero di crine di cavallo, realizzato con una griglia molto ampia che consentiva una decente visione generale se comparato alle altre varietà di elmi gladiatori.

La sua arma era il gladius, la spada dalla lama in ferro lunga 40-50 centimetri, perfetta per il combattimento ravvicinato. Il mirmillo portava anche un grande scutum, uno "scudo a torre" rettangolare e curvo, spesso con una borchia centrale in bronzo. Poteva anche essere usato in attacco, colpendo un avversario con un peso considerevole.
Completavano l’armamento, lo schiniere (ocrea) alla gamba sinistra e la protezione per il braccio imbottita di lino a vari strati, o di cuoio duro (manica). L’ocrea era assicurata al polpaccio attraverso dei lacci ancorati agli occhielli in bronzo. Nonostante questo armamento pesante ed impenetrabile, il suo avversario classico, il thraex, poteva colpire sopra o ai lati dello scudo utilizzando una terribile arma ricurva, la sica, che riusciva a lacerare la schiena, le spalle, i fianchi e talvolta le gambe del suo avversario.
Non sappiamo se Quintus morì anziano o forse nell'arena in uno dei suoi combattimenti. La sua liberta Sossia ebbe ovviamente abbastanza denaro per procurarsi una stele funeraria molto bella e, potremmo supporre, un funerale con dolenti pagati. Il resto della storia purtroppo è andata perduta nel tempo.

Ricostruzione di come doveva essere l'antica policromia della stele.