IL MEDAGLIONE CON GLADIATORI E IL POLLICE DELLA GRAZIA

Il medaglione Cavillargues è una placca in rilievo in terracotta del II o III secolo d.C., larga 16 cm, ritrovata a Nîmes, e raffigura un combattimento di gladiatori tra il retiarius Xantus e il secutor Eros come le due insegne, i ministeri, su entrambi i lati confermano.
Il gladiatore di tipologia retiarius, a sinistra, è armato alla leggera, dotato di rete e tridente, e combatte contro un gladiatore secutor più pesantemente armato e corazzato. Nella parte superiore del medaglione sono rappresentati i due combattenti con accanto l'iscrizione "stantēs missī", tradotta letteralmente dal latino, significa "rilasciato stando ancora in piedi", indicando che il combattimento si è concluso in parità. Infatti, sulla destra dei combattenti in primo piano, uno degli arbitri, il summa rudis, segnala con il gesto della mano del pollicēs premere o presso, cioè il nascondere il pollice nel pugno, la concessione di grazia ai combattenti, i quali potranno abbandonare l’arena vivi, sulle proprie gambe.

Nell’antica Roma vi erano due gesti per definire la sconfitta dei gladiatori o la concessione della grazia: il pollice verso o il pollice presso, sguainare il gladio (la spada) o riporlo nella custodia.
Il pollice verso aveva un significato opposto a quello che gli attribuiamo oggi.
Tenere il pollice rivolto verso l’alto imitava il gesto di sguainare la lama dal fodero, ricordando l’atto di impugnare un gladio, e quindi: morte al gladiatore che aveva perso, tagliando la gola allo sconfitto; ed infatti, facendo tale gesto, la folla gridava jugula, cioè, "tagliagli la gola". Mentre per concedere la grazia, il pubblico e l'Imperatore, quando presente, chiudevano il pollice nel pugno, cioè presso. Questo gesto stava a indicare il riporre l’arma nel fodero ed era una gran bella notizia per colui che aveva perso il combattimento: in latino: "pollice presso favor indicatur", "la benevolenza si indica con il pollice dentro", nel senso che, piegando il pollice verso il basso all'interno della mano, si invitava il gladiatore vincente a riporre la spada dentro il fodero, e, quindi, a lasciare in vita il perdente.

Il reziario a sinistra indossa un perizoma con un'ampia cintura, una manica imbottita e il galerus che gli protegge il dorso. Punta il tridente verso la gamba destra dell'avversario. La rete, altro elemento del suo equipaggiamento, non è visibile. Rappresentato di spalle, il secutor a destra si muove verso il reziario. Indossa la tradizionale attrezzatura del secutor: un elmo con cresta arrotondata, uno scudo rettangolare decorato che gli protegge il braccio sinistro, uno schiniere sulla gamba sinistra e una manica sul braccio destro.
Una piccola figura sulla destra in alto indossa una tunica con cintura in vita, tiene in mano un cartello con il nome del secutor, Eros Caes XVI. Il numero rappresenta le vittorie accumulate dal Gladiatore Eros, aggiungendo emozione allo spettacolo e suscitando curiosità nel pubblico. Un'altra piccola figura sulla sinistra, vicino alla gamba del gladiatore, tiene un cartello con il nome del reziario, Xanthus Caes XVI, che indica anche le vittorie raggiunte.

Nella parte inferiore del medaglione è rappresentata la barricata che separava l'arena di combattimento dal pubblico.
Nella parte in alto quattro figure sono in piedi su una linea orizzontale, con l'iscrizione "stantēs missī" alla loro sinistra. Al centro, vediamo i due gladiatori che lasciano l'arena e vengono accolti dai musicisti.
Il medaglione non raffigura la folla, ma colloca lo spettatore che vede il medaglione in prima fila tra il pubblico, tra gli spettatori più elitari: è come una finestra, una vista direttamente sull'arena. Alcuni studiosi hanno visto in questa barricata la sommità della pedana dove i gladiatori cercavano di salire e dove avvenivano i combattimenti tra gladiatori pontarii, indicati così perché combattevano su una specie di ponte. Il nome discende dal latino pons, ossia ponte. I pontarii erano sempre gladiatori del tipo secutor o retiarius.
Il medaglione è stato trovato a Cavillargues, nel dipartimento del Gard, nel sud della Francia. Originariamente concepito come elemento decorativo per la parte anteriore di un vaso, è stato ritrovato riutilizzato come coperchio di un'urna cineraria, nella prima metà del XIX secolo. Ora fa parte della collezione del Musée de la Romanité di Nîmes.

Il combattimento raffigurato forse rappresenta un vero incontro nell'arena dell'odierna Nîmes, chiamata anticamente Nemausus, colonia romana fondata nelle vicinanze di un villaggio celtico che fu presto assorbito dalla nuova città. Divenne colonia latina per il trasferimento di soldati greco-egiziani dell'esercito di Antonio, e durante l'impero di Augusto, il quale le diede il nome di Colonia Augusta Nemausus nel 27 a.C., in occasione della riorganizzazione della Gallia Narbonese, le furono aggregate nuove colonie, come Narbona e Arles. Seguì un ampio processo di romanizzazione nelle usanze e nell'acquisizione del diritto romano. La città crebbe e fu arricchita di splendidi monumenti e fu circondata da una cinta muraria nel 16 a.C., divenendo presto una delle città più ricche della Gallia, raggiungendo una popolazione di 20.000 abitanti, grazie anche alla sua posizione lungo la Via Domitia, la principale strada di comunicazione tra il nord Italia e la Spagna. Il nome originale dato dai romani era: “Colonia Julia Augusta Nemausus Volcarum Aremecorum”.