CRATERE APULO CON DIONISO E FARSA FLIACICA

Cratere a campana a figure rosse di produzione apula, per miscelare il vino, con scene dionisiache e di farsa fliacica.
Il reperto è di provenienza incerta, forse da scavi clandestini in Puglia all'inizio del secolo scorso; alcuni dettagli indicano forse Taranto o Ruvo come luoghi di realizzazione. Risale al periodo compreso tra il 390 e il 380 a.C., con un'altezza di 38 cm, ed è attribuito al pittore Choregos, attivo nell'antica Puglia tra il 390 e il 370 a.C. Dal 1989, il reperto fa parte della Collezione di antichità classiche del Cleveland Museum of Art, situato a Cleveland, negli Stati Uniti.
Il cratere illustra, nella parte frontale, una scena della farsa fliacica, genere comico originario delle colonie greche dell’Italia meridionale. I vasi italioti costituiscono la principale documentazione iconografica per una migliore comprensione di tale genere. La farsa fliacica rappresenta l’archetipo della Commedia dell’Arte. Nel IV secolo a.C., in Magna Grecia, nasce e si sviluppa una ricca produzione teatrale, comprendente opere anche di notevole valore letterario, sebbene quasi completamente perdute.

Con il termine "fliaci" si fa riferimento sia ai poeti sia agli attori, dotati di maschere, vistose imbottiture e fallo, sia alle rappresentazioni, generalmente inscenate su un palcoscenico mobile in legno, inizialmente improvvisate su semplici canovacci e successivamente recite su testi veri e propri, dei quali, come detto, rimane poco.
Nella scena centrale, Dioniso, nella sua maestosa figura, si presenta sotto forma di busto, indossando una benda e una corona d'alloro. Sulla spalla e dietro la testa poggia il suo tirso, da cui germogliano viticci. Dioniso, dio del vino, dell'allegria e della follia sacra causata dal consumo di vino, la bevanda del canto, dell'amore, della felicità e anche della sfrenatezza e dell'estasi incontrollabile, rappresenta uno strumento di mediazione tra l’uomo e il divino per gli antichi. L'espressione sul volto del dio manifesta una profonda riflessione e richiama il suo ruolo di dio dei misteri.
Questa breve scena sembra illustrare la frase di Avicenna: "il vino è l’amico del saggio e il nemico dell’ubriaco. È amaro ed è utile come il consiglio del filosofo; è consentito alla gente e proibito agli imbecilli. Spinge lo stupido verso le tenebre e conduce il saggio a Dio."

Due attori comici della farsa, identificabili dalle loro maschere e dai costumi imbottiti, fiancheggiano il busto colossale di Dioniso, uno mentre si assicura l'avvenuta maturazione del grappolo prima della vendemmia, l'altro che maneggia una coppa skyphos pronta a bere il vino. Quello a sinistra ha sulla testa una corona d'alloro e indossa la tipica maschera da schiavo, con naso camuso e barba corta e appuntita, e guarda con stupore un grappolo di uva, l'altro attore indossa un costume da Papposileno, con capelli bianchi e arruffati su tutto il corpo e una maschera di satiro anziano.
Entrambi i personaggi sembrano completamente ignari della presenza di Dioniso, come se il suo enorme "busto ritratto" non fosse altro che un paesaggio roccioso; tuttavia, lo spettatore, osservandolo da una prospettiva diversa, lo riconosce immediatamente come il dio stesso. I personaggi ignorano anche che l'uva che bramano non cresce semplicemente dalla terra, ma dal tirso, il bastone divino del dio.

Tuttavia, lo sguardo pensieroso del bel giovane dio ci indica che la scena possiede anche un significato profondo: Dioniso, come Signore dei Misteri, offriva a coloro che lo adoravano in vita una speranza speciale di pace e felicità eterna nella morte.
Dall'altro lato del vaso, Dioniso avanza tenendo il tirso, il suo bastone rituale miracoloso, mentre davanti a lui si svolge una processione dionisiaca. Vi sono un satiro che suona il doppio flauto, il dìaulos, uno strumento aerofono dell'antica Grecia, e una menade, una delle seguaci femminili di Dioniso, in preda alla frenesia estatica, che danza e colpisce il tamburo. La sua natura triplice comprende: dio dei misteri, con iniziati che possono sperare in un aldilà migliore; dio del vino e del simposio; dio del dramma, sia della tragedia (mito rappresentato in suo onore) che della commedia, di cui i fliacisti sono una forma tipica dell'Italia meridionale, con oltre duecento raffigurazioni su pitture vascolari.