I VALORI ETICI DEGLI ANTICHI ATLETI

Gli atleti erano gli esseri umani più ammirati ed adorati del mondo antico. Imperatori e tiranni, filosofi e sacerdoti, guerrieri e calzolai, artisti e aristocratici, tutti vedevano in questi uomini l’essenza eroica umana: il cercare di arrivare alla vittoria, piegando ed abbattendo qualsiasi ostacolo si trovi sulla strada del trionfo, solo per una corona virtuosa.
Il mondo Greco e Romano si svilupperà nella guerra come nel commercio con questa idea. Non a caso ritroviamo in tutti i luoghi passati, statue di atleti inalzate per ricordare, in ogni momento della giornata, quali erano i valori fondanti della società; la corona di ulivo, simbolo fondamentale dell’atleta, diventerà l’emblema di chi è innalzato, simbolo dello status di gloria, dall’Imperatore al Santo.
Il motto moderno “l’importante non è vincere, ma partecipare” per un antico atleta sarebbe stato un vero e proprio insulto, una bestemmia. L’importante era vincere a qualsiasi costo, anche pagando con la propria vita, perdere era una vergogna, un infamia che avrebbe macchiato la sua esistenza.
Sulla lapide di un pancrazista (atleta del pankration, sport da combattimento totale, un misto di lotta e pugilato con regole minime), morto in una di quelle arene in cui si combatteva sotto il sole nei pomeriggi d’Agosto, senza soste, rounds ed ambulanze, finchè uno solo restava in piedi, fu scritto: “aveva pregato Zeus di dargli o la corona o la morte”, ed era stato accontentato.
L’atleta era l’emblema dell’uomo che metteva in gioco tutto se stesso, dopo ogni supplizio, ogni sofferenza e ogni sforzo, era sopravvissuto, e si poteva coronare con il simbolo della vittoria: la corona.
Lo sforzo per giungere al trionfo, in greco agon, era la base della cultura antica greca. In tutti gli ambiti umani, l’agon era solidamente strutturato all’esistenza.
Il concetto di lottare per vincere, l'agon, era correlato a quello della virtuosità: l'aretè, l'eccellenza. Erroneamente, il termine agon è associato, da molti, solo e unicamente al contesto atletico del mondo classico; questa confusione deriva dal fatto che lo sport era la principale forma di acculturamento all’agon; il concetto stesso di sforzo, di sofferenza per primeggiare ed eccellere, nell’ideazione antica, richiedeva un ostentamento, un sorta di esibizione, un mostrarla in particolari eventi come nelle battaglie, nella retorica, in teatro e nei festival atletici.
Nel mondo contemporaneo, gli antichi atleti, sarebbero visti come dei veri e propri esibizionisti dell’azione, degli ostentatori, degli spacconi dell’impresa. L'aretè era la funzione critica dell’agon: vivere per l’azione, mostrandola. Erigere statue, lapidi o produrre creazioni poetiche agli atleti era un modo di ricordare ed educare al valore dell'eccellere rispettando i limiti umani. L’arte classica ha infatti come scopo principale quello di creare attraverso l’immagine una sorta di educazione, di erudizione, di insegnamento ai valori classici come quelli di identità e di ricerca della virtù.
Lo psicologo Riccardo Venturini scrive “allorquando un obiettivo di vita venga soggettivamente vissuto con una amplificazione capace di infinitizzarlo, esso può essere considerato un obiettivo in senso lato religioso, capace cioè di fornire orientamento, senso e devozione”.
Bisogna anche dire che la dimensione “corporale” antica era ben diversa dalla nostra concezione moderna.
Il lavoro sul corpo e lo sviluppo di atti di esibizione, l’atletica in primis, portava alla congiunzione tra azione e corpo: “sei ciò che fai” era una peculiarità basilare per capire l’immagine che avevano i greci dell’essenza umana. L’etica, i valori morali erano strettamente collegati allo sforzo corporale, anzi si può dire che l’etica greca era un’etica “corporale”; l’uomo greco era un uomo agonale. Pindaro nelle sue odi di vittoria atletica, l’epinikia, ci offre una panoramica dell’essenza della virtuosità e della sua ricerca attraverso lo sforzo. Con questo autore si comprende che è proprio nel momento dello sforzo, nel momento temporale dell’agon che si realizza l’aretè, l'eccellenza, che poi avrà la sua commemorazione delineando l’universo di tali virtù e delle abilità per raggiungerla. L'athlon, il premio in denaro o di olio d’oliva o altro, che sarà tanto importante nel mondo antico, era il raggiungimento dello scopo dell’agon, la materialità della vittoria.

Scultura greca in bronzo di giovane atleta vincitore, che incorona se stesso con la corona di ulivo (ora perduta), attribuito a Lisippo, ritrovato nel mare di Fano, nelle Marche, ed esportato illegalmente negli States, 300- 100 a.C., Getty Villa Museum, Malibu.