L'ANTICO TEATRO DI NAPOLI

Il teatro antico di Napoli è posizionato nei cortili dei palazzi del centro città, tra via San Paolo, via Anticaglia e vico Cinquesanti. In verità vi erano due teatri, quello scoperto, il Theatrum Nudum per le commedie e quello coperto, in greco l'Odeion, per eventi musicali. I teatri sopravvivono in molti scantinati e locali delle abitazioni che sorgono nell'area.
L'attuale via San Paolo, in particolare, separa il teatro scoperto dall'Odeion.
Il teatro inglobato nelle moderne abitazioni era un unico complesso monumentale che si sviluppava tra l'acropoli di Sant'Aniello a Caponapoli e il di sotto della Basilica di San Lorenzo Maggiore.
Il teatro di età romana è quello meglio conosciuto. L’edificio visibile sia all'aperto che nelle cantine, fu realizzato verso la fine del I e gli inizi II secolo d.C., in una miscela speciale di reticolatum e di latericium, per non crollare con i terremoti, periodo in cui venne completamente ricostruito, forse dopo il terremoto del 62 o l’eruzione del 79 d.C., sopra quello precendente romano e di un preesistente teatro greco del IV secolo a.C.

Il teatro fu una delle glorie della Napoli antica, Neapolis, secondo Ottaviano Augusto la custode della cultura ellenica: come riferisce Svetonio, l'imperatore Claudio vi fece rappresentare commedie in onore dell'amato fratello Germanico. Leggendari i certami canori di Nerone: Tacito nei suoi Annales descrive Nerone in queste esibizioni, ma in particolar modo Svetonio, nella sua De vita Caesarum, racconta che Nerone debuttò proprio a Napoli con una sua ode e nonostante scoppiò un violento terremoto, che l'imperatore valutò come gli apprezzamenti degli dèi, continuò a cantare e costrinse la popolazione a rimanere. Le sue esibizioni furono molte e assai prolungate e riempivano ogni volta il teatro che sempre lo acclamava, la cui effettiva spontaneità è stata quantomeno messa in dubbio: lo stesso Svetonio parla di bombi, embrici e testi, cioè i vari modi di applaudire della claque dell'imperatore, ottenuta tra la numerosa plebe che vi prendeva parte.
Grandi lodi gli furono elargite dagli Alessandrini, che in città erano assai numerosi e che da Nerone furono premiati con regali per la loro generosità critica. Anche il filosofo Seneca parla del teatro: nella lettera 76 delle sue Epistulae morales ad Lucilium, dice che per andare alla scuola del filosofo Metronatte bisognava passare per la zona del teatro, definito da Seneca strapieno di gente.
Publio Papinio Stazio in età flavia esalta in una lettera alla moglie i due grandi teatri nella città, quello all'aperto e quello coperto.

La caduta dell'Impero romano sancisce la caduta anche degli spettacoli teatrali e la struttura viene abbandonata, complice anche un'alluvione tra il V e il VI secolo.
Il periodo medievale aumenta l'oblio della struttura, adoperata come piccola necropoli, verso il VII secolo. Tra il XV e il XVII secolo vengono costruiti vari edifici sorti sulla cavea nonché sventrato dal vico Cinquesanti, aperto tra il 1569 e il 1574 dai Padri Teatini.
Gli ambienti interni furono adoperati come stalle, cantine, depositi e botteghe fino al 1859 per lo scavo di una fognatura, con le prime esplorazioni di carattere archeologico. Il primo piano di recupero risale al 1939 durante il Ventennio, ma solo dal 1997 il teatro è stato in parte disvelato.
Il monumento archeologico costruisce in effetti un significativo esempio di archeologia urbana, attraverso il quale è possibile ricostruire la storia edilizia, dall'età antica sino all'epoca moderna, di un intero settore urbano di Napoli.
Il Comune di Napoli tra il 2003 e il 2007 ha ordinato importanti lavori di recupero che hanno permesso l'affioramento della parte ovest della media cavea dal giardino interno.
Il progetto finanziato nel 2021 con il Grande Progetto Centro Storico, per la valorizzazione di sito Unesco, prevede il recupero di una parte del complesso monumentale.

L'accesso alla parte normalmente visitabile del teatro è possibile tramite una botola in un basso di vico Cinquesanti che conduce al lato est del teatro: il proprietario del basso aveva ricavato l'accesso agli ambienti sotterranei che aveva adoperato come cantina tramite una botola che era situata sotto il letto. Aveva inoltre escogitato un meccanismo che permetteva la scomparsa del letto, che scorreva lungo dei binari, in una nicchia del muro. La scoperta di frammenti murari in opus latericium portò successivamente all'esproprio del basso e alla nuova destinazione d'uso.
Il teatro presenta la tipica forma semicircolare del teatro greco, della quale oggi è possibile visitare solo la parte inglobata in locali e cantine, mentre la parte scoperta, quella nelle foto, non è ancora pronta, come detto precedentemente, per le visite pubbliche.
Il teatro presentava tre ingressi, due laterali per gli attori ed uno nord per il pubblico. La parte di vico Cinquesanti corrisponde al proskenion o proscaenium e al paredon, in via Anticaglia si può osservare una parte della summa cavea, cioè l'anello superiore delle gradinate. La cavea, che possedeva tra i 5000 e i 6000 posti circa, mostra in alcuni tratti ancora i marmi di rivestimento delle gradinate e alcuni vomitoria, cioè gli accessi alle gradinate. Due massicce arcate, presenti sempre in via Anticaglia, erano delle strutture di rinforzo dell'esterno del teatro, ora inglobate negli edifici esistenti.