SITULA CON INCONTRI DI LOTTA

Questo recipiente in bronzo indicato come situla, datata al 75–100 d.C., rinvenuta nel XV secolo a Roma, usata per le libagioni o per cerimonie, con maniglie mancanti, raffigura delle gare di lotta, la pale in greco, lucta in latino, ora parte della Collezione del Getty Villa Museum di Los Angeles.
La situla ritrovata al centro di Roma nel 1572, fu venduta nel 1663 con altre antichità, da antiquari della Nobiltà pontificia al francese Charles Patin medico, chirurgo, antiquario e numismatico francese, affidatario della prestigiosa cattedra di chirurgia all'Università di Padova. Gli eredi portarono i suoi averi a Parigi. Nel 1985 fu venduta ad una galleria londinese, in seguito acquistata dal famoso collezionista americano Lawrence Fleischman, e poi venduta nel 1996 al Getty Museum.
Sulla situla vengono mostrate quattro scene di gare di lotta: nella prima, un atleta cerca di strangolare l'avversario con la tecnica detta trachelizein, che corrisponde all'attuale "ghigliottina"; nella seconda scena due atleti nella fase di achrocherismos, la schermaglia con le mani per cercare la presa con movimenti veloci; nella terza la fase della lotta detta systasis, dove l'atleta sulla sinistra indossa l'apotides, cuffia per fermare i capelli, sopra le orecchie; nella quarta scena il lottatore sulla sinistra tenta una presa alla caviglia apopternizein, per cercare la proiezione al suolo dell'avversario.
Sul reperto si può osservare la supervisione di un giudice che porta dei rami di palma ed una corona ad un vincitore, in aggiunta tra le coppie di atleti sono raffigurati dei vasi kantharos, simboli della vittoria.
Nella lotta antica per vincere bisognava atterrare tre volte l'avversario, il triazein, facendogli toccare con qualsiasi parte del corpo, eccetto le mani e le ginocchia, la sabbia. Si poteva anche vincere difficilmente facendo delle leve in posizione di lotta orizzontale, la stadaia pale, cercando di rompere con delle leve particolari le braccia, o i polsi, o il collo o le dita dell'altro atleta o strangolandolo, in modo da far ritirare l'avversario.
Forse la durezza maggiore della lotta antica era che senza limiti di tempo e di punteggio, con l'aggiunta dell'olio di oliva sulla pelle che rendeva viscidi e sfuggenti gli atleti, sotto il sole delle gare estive, gli incontri potevano durare parecchio tempo e arrivare alla quota di tre atterramenti dell'avversario, doveva essere veramente stancante e faticoso. Chi riusciva a mettere in fila tre atterramenti senza riceverne uno era denominato triakter: vincitore dei tre, ma anche eroe dell'evento, infatti vincere in questo modo era denominato aptos "senza cadute" ed era ritenuto un atleta eccezionale che non aveva subito nessuna umiliazione.