CRATERE CON SCENE DI PALESTRA

Questo cratere attico a figure rosse, attribuito ad Eufronio, datato tra il 510 - 500 a.C, proveniente da Capua, in Campania, raffigura delle scene di palestra; il reperto è parte della collezione di antichità dell'Antikensammlung di Berlino dal 1878.
Eufronio fu un importante pittore e ceramista attico, uno degli artisti più importanti della tecnica vascolare a figure rosse dell'antichità. Le sue opere lo collocano nel passaggio dall'arte tardo arcaica a quella del periodo classico, ed è uno dei primi artisti noti nella storia ad aver firmato i suoi lavori.
L'artista propone su molte delle sue ceramiche l'iconografia della vita quotidiana, l'atletica rappresentata in maniera magistrale è presente in alcune delle sue opere. È presumibile che Eufronio, nato all'incirca nel 530 a.C., abbia iniziato la sua attività verso il 510 a.C. continuandola sino al 470 a.C.
Nella sua officina esplorava nuove tecniche sperimentali, e tra le tante quella per rendere le raffigurazioni dell'anatomia umana più plastiche e realistiche, infatti introdusse la linea in rilievo e l'uso della barbottina di argilla diluita, che secondo di come veniva applicata, lo slip poteva acquisire una gamma di colori tra il giallo chiaro e il marrone scuro durante la cottura, moltiplicando così le possibilità stilistiche a disposizione dell'artista.
L'influenza di Eufronio su altri artisti dell'epoca e quelli avvenire fu rilevante e rimarchevole.

Sul lato A del cratere vediamo al centro un discobolo che tiene il disco in posizione iniziale di lancio, e il peso sulla gamba destra piegata, che viene istruito dall'allenatore, il paidotribe, con la frusta in mano, la rhabdoi, attrezzo prodotto da un arbusto di retama, il lygos, consistente ed elastico nello stesso tempo, con due parti terminali a "V" che schioccando al contatto con il corpo, causava un rumore secco e un dolore lancinante non recante traumi che disciplinava l'istruzione e regolava l'allenamento, i colpi non venivano mai effettuati sul capo ma quasi sempre sulla schiena e sulle braccia.
La specialità dell'atleta che mantiene il disco è quella del diskos, un evento non indipendente ma parte dell'antico pentathlon; il lancio del disco aveva delle tecniche e delle fasi differenti dal lancio del disco attuale. Dopo la torsione, l'atleta lanciava, rilasciando l'attrezzo, dopo un mezzo giro di fase rotatoria, quasi da fermo, al contrario di quello contemporaneo che richiede un giro e mezzo di rotazione.
Sulla sinistra un giovane atleta con il mantello sulle spalle osserva un atleta che prepara una sorta di "sospensorio" del membro, il kynodésme, κυνοδέσμη, cioè il “laccio del cane”, una corda o una stringa, o talvolta una striscia di cuoio, che veniva indossata dagli atleti per impedire l'esposizione del glande in pubblico e per evitare il contatto del glande con la sabbia e la polvere.
Era legato strettamente attorno all'akroposthion, la parte del prepuzio che si estende oltre il glande. Il kynodésme veniva indossato temporaneamente mentre era in pubblico o in palestra e poteva essere tolto a piacimento. L'esposizione pubblica del glande era considerata dai Greci come disonorevole e vergognosa, permessa solo a schiavi e connessa ad abitudini dei barbari. La modestia e la decenza richiedevano che gli uomini mostrandosi nudi in un contesto pubblico, come atleti o attori, dovessero nascondere il glande.
Sulla destra della scena, un atleta porge il suo mantello al ragazzino all'estrema destra, che alza la mano per riceverlo e maneggia un ariballo con olio di oliva.

Sul lato B del vaso si può osservare al centro un atleta in piedi mentre versa l'olio da un aryballos, il contenitore in terracotta ricolmo di olio di oliva presente assiduamente nell'iconografia antica, nella sua mano per massaggiarsi e ungersi il corpo prima e dopo gli allenamenti o delle competizioni atletiche.
L'olio di oliva era usato abbondantemente per contrastare scottature, tonificare, alleviare infiammazioni superficiali, ma anche per tutelare la pelle da abrasioni ed escoriazioni dovute alle prese, ai colpi e le pressioni continue delle discipline dell'atletica pesante.
Sulla destra un atleta piega con diligenza il suo mantello, adagiandolo su uno sgabello che ha sul suo piano un altro mantello. Sulla sinistra della scena un atleta di spalle allo spettatore, si mantiene in equilibrio tenendosi tra un bastone e il capo di un giovanissimo atleta che inginocchiato tiene uno dei suoi piedi eliminando il gloios, una mistura di olio, sudore e sabbia talvolta venduto al di fuori dei ginnasi per la credenza che questo composto avesse potere di guarigione.