Al Museo archeologico nazionale di Napoli, nella sezione Magna Grecia, sono custoditi degli affreschi provenienti da due tombe risalenti al 340-330 a.C., provenienti da Nola, raffiguranti il cosiddetto "ritorno del guerriero". Questo motivo iconografico ha un chiaro intento celebrativo, volto ad elevare il defunto ad uno stato di eroicizzazione, rendendogli omaggio per il valore e i meriti conseguiti in battaglia. La città antica di Nola, situata in Campania, si trova all'estremità meridionale della pianura campana, ai piedi delle pendici occidentali del massiccio del Partenio. Nel mondo antico, essa svolgeva un ruolo strategico di primaria importanza, fungendo da collegamento tra la pianura campana e il comprensorio nocerino-sarnese.
Nola, in particolare, a causa della sua posizione di vicinanza territoriale a Neapolis, l'attuale Napoli, mantenne sempre rapporti molto stretti con la città greca vicina, al punto da far nascere nella stessa una tradizione di fondazione calcidese, che rappresenta una sorta di autoaffermazione di una casta filoellenica, ma anche una coscienza del proprio éthnos campano. Tali elementi costituiscono le componenti principali della domanda rivolta dagli artigiani e dai pittori di tombe, sotto la committenza della nobiltà campana; da parte loro, gli artisti rispondevano con una produzione che rispecchiava perfettamente le richieste. Che si trattasse di artisti campani o greci, essi avevano sviluppato, anche sulla base dell'esperienza della pittura vascolare, un tipo iconografico ispirato a modelli greci, probabilmente ottenuti attraverso il contesto delle colonie greche disseminate in tutta la Magna Grecia. In questo processo politico, il filoellenismo sembra configurarsi come un modello culturale condiviso in vari contesti.
In Campania, in particolare, il secolare scambio tra l'elemento osco, sannitico, tra cui quello lucano, e il mondo delle vicine colonie greche della costa e la pratica del mercenariato, deve aver inciso profondamente in tal senso sul costume campano. Il fenomeno della diffusione delle tombe dipinte in ambiente campano nella seconda metà del IV sec. a.C. coincide significativamente con il momento del grande scontro tra il Sannio e Roma, tra le tribù sannitiche e i romani, che ebbe appunto come teatro principale la Campania. Valendosi dell'appoggio romano, le oligarchie locali, di cui gli equites, i cavalieri, appaiono componente di peso primario, riaffermano la loro leadership nel tessuto sociale e, in particolare, sul popolo di tendenze filosannitiche. Forse le tombe dipinte e anche i monumenti scultorei analoghi rappresentano, in questo processo di affermazione politica, la manifestazione più appariscente, sul terreno dell'espressione figurativa, di veri e propri cicli epici esaltanti le gesta delle grandi famiglie della nobiltà; analogamente a quanto avveniva, all'incirca nello stesso periodo, a Roma e in Etruria. Gli intonaci affrescati di Nola, sia quelli della tomba indicata come quella di via Seminario, rinvenuta nel 1977 durante i lavori di scavo di una fognatura destinata a servire il nuovo complesso di edifici per civili abitazioni realizzato dall'Istituto Autonomo Case Popolari in un'area a nord-est dell'abitato di Nola, sia quelli già facenti parte della collezione del duca Carafa di Noja, presentano una ricca decorazione tratta da archetipi della cultura figurativa greca tardo-classica, caratterizzate da una vivace policromia pittorica che ricopre tutte le pareti della sepoltura.
Negli affreschi si promuove l'esaltazione dello status del defunto, guerriero, cavaliere campano, compiuta attraverso la rappresentazione del ritorno dalla battaglia con il seguito di un compagno o di scudieri coronati in segno di vittoria. Incontro a lui si fanno avanti delle fanciulle, forse sorelle o spose, che porgono le bende, i ramoscelli e i vasi con il vino e forse con il miele, il cibo degli dèi che dà l'immortalità. Questa tipologia iconografica, oltre che nel mondo greco, si ritrova nella pittura funeraria nolana, capuana, cumana, lucana, etrusca, apula, proponendo degli schemi fissi connessi alla sacralità della figura del cavaliere eroe.
Vi sono dei particolari interessanti nelle raffigurazioni sugli affreschi, come le varie forme di elmo a calotta con piume o con corna ricurve, le corazze di colore giallo per rendere la doratura del bronzo, i parafreni, i morsi e gli attacchi metallici delle briglie dei cavalli, l'abbellimento di alcuni cavalli con il ciuffo di peli della criniera legato a pennacchio sulla fronte, i vestiti di colori sgargianti, gli stendardi che distinguono le varie unità di fanteria e cavalleria, l'abbigliamento delle donne, i grandi scudi rotondi, le melagrane che rappresentano l'oltretomba, gli inferi.