Nel 2017 una scoperta eccezionale a Pompei fece notizia su tutti i media nazionali ed internazionali, la scoperta di una tomba monumentale in marmo, appartenuta ad un importante ed illustre cittadino, con la più lunga epigrafe funeraria finora ritrovata, lunga 4 metri su 7 righe, che ne racconta le imprese aggiungendo nuovi importanti dati sulla storia degli ultimi decenni di Pompei.
La tomba che si trova nell’area di San Paolino, nei pressi di Porta Stabia, uno degli accessi all’antica città, il varco cittadino che duemila e passa anni fa immetteva sulla strada che portava alla vicina Stabiae, pur non recando il nome del defunto, ne riporta in maniera dettagliata le tappe fondamentali della vita come l'acquisizione della toga virile, le nozze, e la descrizione delle attività munifiche che accompagnarono tali eventi come i banchetti pubblici, le elargizioni liberali, l'organizzazione di giochi gladiatori e i combattimenti con belve feroci.
La tomba è stata ritrovata per caso durante i lavori di manutenzione e restauro degli edifici nella zona di San Paolino nell'ambito del Grande Progetto Pompei, finanziato dall'UE. Una squadra che stava restaurando un palazzo del XIX secolo, destinato a diventare la nuova biblioteca e gli uffici della soprintendenza archeologica si è imbattuta in un frammento di marmo mentre effettuavano test approfonditi sulle fondamenta. Il marmo è usato molto raramente nei monumenti funerari pompeiani, quindi gli archeologi hanno capito subito che poteva trattarsi di qualcosa di importante.
La parte superiore della tomba è andata perduta, probabilmente distrutta durante la costruzione del palazzo nel XIX secolo, ma ciò che rimane è una grande e imponente struttura in marmo, unica tra le strutture pompeiane di monumenti funerari.
Ma a chi apparteneva questa importante struttura? Secondo gli studiosi la tomba era di Gnaeus Alleius Nigidius Maius uno dei più importanti finanziatori di spettacoli con gladiatori che si svolgevano all’interno dell'anfiteatro della città, ed era anche un potente imprenditore edile, a lui apparteneva l’insula Arriana Polliana. Gneo Alleo Nigidio Maio morì nel 78 d.C., fortunatamente non assistendo alla catastrofe che si abbatté sulla sua città infatti morì un anno prima della catastrofica eruzione del Vesuvio che seppellì Pompei nel 79 d.C.
Nell'epigrafe Gneo Alleo Nigidio Maio racconta quello che ha fatto durante la sua vita, ci informa che era solito elargire grandi banchetti sontuosi, addirittura allestendo 456 triclini e non pago di tutto questo sfarzo, organizzò anche uno spettacolo con 416 gladiatori. Un dato assolutamente eccezionale se consideriamo che, dalle iscrizioni rinvenute a Pompei, a combattere non sono mai più di 30 coppie di gladiatori. Qui invece siamo di fronte ad uno spettacolo gigantesco, paragonabile solo ai grandi ludi romani. Eventi quindi personali celebrati con grandi atti di munificenza, per acquisire prestigio e per promuovere la carriera politica.
La tipologia del monumento e il contenuto dell’epigrafe avvalorano l'ipotesi che il monumento potesse essere completato dal famoso bassorilievo marmoreo, con scene di processione, combattimenti gladiatori e venationes, attualmente conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e di cui finora non se ne era individuato il contesto di provenienza; bassorilievo che è un anello di congiunzione tra la tomba, l'epigrafe e il personaggio.
La lastra mostra scene con spettacoli di gladiatori e venationes, riportate incredibilmente anche nell’epigrafe dedicatoria del defunto e quindi, da analisi di comparazione, sembra plausibile che potesse appartenere alla parte superiore del monumento.
Il rilievo ha dimensioni compatibili, lungo com’è circa 4 metri e risponderebbe bene nel tema al ruolo del defunto, quello di organizzatore di giochi.
Il rilievo, scoperto negli anni ’40 del XIX secolo, fu rinvenuto fuori posto dal Soprintendente Avellino, proprio nell’area di porta Stabia, avvalorando di fatto anche la possibile collocazione originaria in quest’area della città.
ll rilievo lungo circa quattro metri e mezzo per un'altezza di centocinquanta centimetri, si compone di due lastre perfettamente combacianti e si sviluppa su tre registri, di altezza differente.
Nelle tre sezioni sono proposti tre momenti dei giochi: l'apertura dei giochi e la processione inaugurale dei giochi, i combattimenti gladiatori e nel registro di base, i combattimenti tra uomini e animali.
In dettaglio le scene poste su tre zone diverse rappresentano:
-Primo registro in alto, partendo da destra: la processione inaugurale, aperta da due littori e da tre suonatori di flauto; seguono i portatori di un ferculum sul quale ci sono due personaggi che lavorano sull'incudine, e alludono al dio Vulcano; queste immagini hanno un valore sacrale e sostituiscono le statue delle divinità che normalmente venivano portate in processione prima dei giochi con intento beneaugurante. Due harenarii, gli addetti all'arena, portano una tabella e una palma, un togato visto di fronte dopo il quale seguono sette harenarii che portano armi gladiatorie; un suonatore di lituo precede due cavalli condotti dagli inservienti. Sei harenarii, in tunica corta e stivaletti trasportano ciascuno l'elmo e lo scudo dei gladiatori che il magistrato dovrà ispezionare, nella fase indicata come probatio armorum. I primi due sorreggono l'elmo convesso ed il piccolo scudo rotondo proprio dei cavalieri, gli equites, gli altri due recano elmi e scudi non ben caratterizzati. Gli ultimi hanno gli elmi del gladiatore della tipologia murmillo e quella del thraex, ma con lo scudo in ordine inverso: quello piccolo rettangolare del thraex abbinato all'elmo del murmillo e, viceversa, quello grande curvato del murmillo all'elmo del thraex.
-Secondo registro mediano: di maggiori dimensioni, mostra i duelli tra gladiatori, i munus gladiatorium. Da sinistra: due cavalieri appiedati, in corta tunica, muniti di elmi emisferici a tesa circolare e scudo rotondo. Il vincitore leva triofante lo scudo mentre l'avversario è riverso a terra; di seguito si vede un arbitro che si inserisce tra un murmillo e il gladiatore ferito che viene sorretto da quattro harenarii; segue un gladiatore che solleva la spada maneggiato con il braccio destro per vibrare il colpo di grazia all'antagonista, che è caduto in ginocchio ed implora la grazia afferrandogli lo scudo con il braccio sinistro; è stato un combattimento tra gladiatori appartenenti a classi di pari valore. Il vinto è della classe dei provocator, riconoscibile per il pettorale, il cardiophylax, l'elmo a calotta con visiera decorato da penne, lo scudo rettangolare, l'ocrea a protezione della gamba sinistra e le fasciae al di sotto, la manica sul braccio destro. Il vincitore ha il pettorale a squame effigiato da un gorgoneion, la testa della gorgone medusa, e allacciato con due fasce incrociate sulla schiena, che è una apprestamento acquisito dall'equipaggiamento del gladiatore sannita, quando a partire dalla fine del I secolo a.C., le classi graduatorie di tipo etnico furono riformate e variate. Segue una coppia di paegnarii che imita un combattimento in cui lo sconfitto è sorretto da due harenarii mentre gli viene bendata la gamba ferita.
Di seguito un murmillo immerge la spada nel torace di un hoplomachus che si inclina sul fianco nel vano tentativo di schivare il colpo. Questi ha perduto lo scudo che giace al suolo tra le gambe dell'avversario, si porta la mano sinistra al petto e solleva ancora il braccio destro con la spada che ha mancato la gola dell’altro contendente. Entrambi indossano il subligaculum, e la protezione della manica; il vincitore, l'hoplomachus, si distingue per l'elmo imponente e la spada dritta. Il vinto è un murmillo, riconoscibile per lo schiniere alla gamba sinistra e il grande scudo rettangolare.
-Terzo registro in basso: dedicato alle scene di caccia, le venationes. Si riconoscono assalti tra animali: cani contro un capriolo e contro un cinghiale, cervo contro toro, cacciatori che affrontano con armi un toro e un’altro un cinghiale, un condannato senza armi che soccombe agli assalti di un orso. Un cacciatore di tori, il taurocenta, vibra il colpo di grazia alla cervice di un toro ormai stremato dal combattimento. Un orso appena uscito dalla porta ha atterrato un inserviente, il bestiarius, e lo sbrana alla presenza di due sorveglianti, gli harenariii. Il particolare di una porta presso cui si svolge quest'ultima scena, con i lembi di velario all'estremità del primo registro fanno comprendere che ci si trova nell'anfiteatro.